Silindrin un grande calderone che conservava la luce liquida di Illuin.
Etimologia[]
Silindrin è un nome Quenya che significa "calderone della Luna". Era conosciuto anche come Telimpë, nome che forse significa "vino d'argento".
Descrizione[]
Era un grande calderone contenente luce liquida azzurro-argentea di Illuin che si trovava al centro dei Giardini di Lórien ed era attorniato da un fitto bosco di cipressi. Si trattava del luogo preferito da Irmo che lo utilizzava per riposare e per le sue visioni poiché la superficie del liquido era perfettamente liscia tanto che vi si specchiavano le Pelóri.
Storia[]
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Per approfondire, vedi la voce Luna. |
Fu forgiato da Aulë insieme a Kulullin per conservare la luce liquida delle Due Lampade che si era dispersa sulla terra e nell'aria in seguito alla loro distruzione da parte di Melkor. La sua luce fu utilizzata per bagnare la piccola collina da cui poi spuntò Telperion. In seguito Irmo affidò a Silmo e agli spiriti al suo servizio il compito di innaffiare l'Albero d'Argento nell'ora in cui la luce di Laurelin era più debole.[1]
I Valar concessero ai Noldor molte tinozze piene della luce di Silindrin e di Kulullin quale materia prima per le loro opere.[2] Lo stesso Aulë si servì ampiamente di tale luce per le sue, conservandola in grandi tinozze che teneva presso la sua dimora. Varda mischiò la luce liquida con argento per stabilizzarla e la utilizzò per creare molte stelle ma non le Sette Stelle maggiori che furono opera di Aulë.[3]
In seguito all'uccisione degli Alberi da parte di Melkor, solo la fioca luce delle stelle di Varda e i pozzi di Kulullin nei Giardini di Vána e di Silindrin in quelli di Lórien rimasero ad illuminare Aman.[4] Incapaci di accettarne la perdita, Vána e Irmo utilizzarono gran parte della luce di Kulullin e di Silindrin per cercare di rianimarli senza però ottenere alcun risultato. Manwë allora decise di convocare in assemblea presso Kulullin tutti i Valar informandosi dell'irreversibilità di quanto accaduto.[5] Infine, ispirandosi alle stelle di Varda, il cui cuore era costituito da vascelli di cristallo contenenti il fuoco argenteo di Telperion e altre sostanze dai molti colori, gli venne l'idea di realizzare il Sole quale nuova fonte di luce per Arda.[6] Varda ed Aulë tentarono di utilizzare la luce di Kulullin per creare una sostanza in grado di diffonderla e al contempo di resistere al suo calore ma fallirono. Si ricorse alla magia di Yavanna, a cui fu concessa una sola fiala con la luce di Kulullin e una sola con quella di Silindrin, ma anch'essa fallì finché le sue lacrime, infine, fecero spuntare un ultimo virgulto, che produsse un fiore il quale a sua volta generò un frutto che costituì la base per la creazione del Vascello del Sole.[7] Irmo però rimase contrariato dalla luce e dal calore del Sole, così, disperato, intonò un canto magico presso il tronco avvizzito di Telperion che fece germogliare un'ultima grande Rosa, che costituì la base per la creazione del Vascello della Luna, poi riempito con la luce di Silindrin.[8]
Ne Il Silmarillion i due calderoni scompaiono, sostituiti da tinozze grandi come piccoli laghi poste sotto le fronde dei Due Alberi che servono a Varda per raccogliere la loro rugiada. Non si fa più menzione neppure della necessità di inaffiare i Due Alberi con la loro stessa luce liquida.[9]
Note[]
- ↑ The History of Middle Earth, Vol. I: The Book of Lost Tales Part One, cap. III, pp. 71, 73
- ↑ The History of Middle Earth, Vol. I: The Book of Lost Tales Part One, cap. III, p. 137
- ↑ The History of Middle Earth, Vol. I: The Book of Lost Tales Part One, cap. V, pp. 121-122
- ↑ The History of Middle Earth, Vol. I: The Book of Lost Tales Part One, cap. VI, p. 170
- ↑ The History of Middle Earth, Vol. I: The Book of Lost Tales Part One, cap. VIII, pp. 196-198
- ↑ The History of Middle Earth, Vol. I: The Book of Lost Tales Part One, cap. VIII, pp. 201-204
- ↑ The History of Middle Earth, Vol. I: The Book of Lost Tales Part One, cap. VIII, pp. 205-207
- ↑ The History of Middle Earth, Vol. I: The Book of Lost Tales Part One, cap. VIII, pp. 212, 215
- ↑ Il Silmarillion, cap. I, p. 40