Il Sacco del Nargothrond, conosciuto anche come Caduta del Nargothrond, fu un grave evento che precedette di circa sedici anni la Caduta di Gondolin e insieme ad essa viene ricordata come uno degli eventi più luttuosi per i Noldor durante la Guerra dei Gioielli.
Dopo la Battaglia di Tumhalad, le vittoriose schiere di Morgoth, guidate da Glaurung, calarono sul Nargothrond che, dopo una breve resistenza, capitolò e grande fu il massacro che ne seguì.
Antefatti[]
Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Tumhalad. |
Sebbene Orodreth, nipote di Finrod, fosse il Re del Nargothrond de iure, l'arrivo di Túrin sconvolse tutto: infatti riuscì ad imporsi con la sua forte personalità sul debole sovrano, e a convincere i Noldor a condurre una guerra aggressiva nei confronti di Morgoth. Il figlio di Húrin convinse addirittura gli abitanti del Nargothrond a costruire un ponte sul fiume Narog così da facilitare il passaggio dell'esercito; questa sarebbe stata una scelta di cui si sarebbero assai pentiti.
Nel 494 PE giunsero al Nargothrond due Noldor in qualità di messaggeri di Ulmo: questi riferirono le parole del Signore delle Acque, il quale esortava Orodreth ad abbattere il ponte e a rinchiudersi con tutta la sua gente nelle proprie aule, mantenendosi sulla difensiva in attesa di tempi migliori. Tuttavia Túrin convinse il Re a non ascoltare i messaggeri e rivolse parole sprezzanti nei confronti dei Valar.
Ciò che non sapevano era che Morgoth aveva inviato un grande esercito guidato dal drago Glaurung con il compito di farla finita con il Nargothrond. Ignari di ciò, i Noldor mobilitarono il proprio esercito e si scontrarono contro i nemici sulla pianura di Tumhalad.
Purtroppo i nemici erano soverchianti e molti guerrieri elfici caddero, tra cui anche il Re Orodreth. Su esortazione di Gwindor, ormai morente, Túrin raccolse alcune centinaia di superstiti e cercò di raggiungere il Nargothrond, ma dovette fare un lungo giro per evitare le forze di Glaurung e perse molto tempo.
Il saccheggio[]
Le truppe di Glaurung giunsero molto prima di Túrin o di qualsiasi superstite. I Noldor che erano affacciati alle mura aspettando il ritorno del proprio esercito furono colti dall'angoscia quando all'orizzonte, anziché i vessilli del Re, videro comparire Glaurung e schiere di orchi.
I pochi guerrieri rimasti di guarnigione cercarono di opporre resistenza sbarrando i cancelli, ma il ponte, costruito su idea di Túrin, permise a Glaurung di raggiungerli e sfondarli. Le truppe di Morgoth dilagarono nelle aule uccidendo a destra e a manca, mentre gruppi isolati di guerrieri cercavano di resistere, ma erano soverchiati nel numero.
Alcune centinaia di Noldor riuscirono a fuggire da uscite secondarie ma molti, compresa Finduilas, la figlia di Orodreth, furono catturati.
Nel frattempo Túrin e la sua truppa di superstiti giunsero nel Nargothrond e quando videro la devastazione, disperati, si lanciarono all'attacco dei nemici falciando tutti gli orchi che gli si paravano davanti. Tuttavia Glaurung, che li aveva visti arrivare, si erse in tutta la sua possanza e provocò un tale terrore che i compagni di Turin fuggirono travolti dalla paura.
La Spada Nera del Nargothrond però non si fece spaventare e, spinto dalla disperazione, si lanciò in avanti contro Glaurung sperando di ferire la bestia e in qualche modo salvare Finduilas. Il drago però ricorse alla sua magia e lo immobilizzò lo con lo sguardo e cominciò ad utilizzare le sue arti maligne per infliggergli ancora più dolore:
- "«Perverse sono state tutte le tue azioni, rampollo di Hùrin. Ingrato figlio adottivo, bandito, uccisore del tuo amico, ladro d'amore, usurpatore di Nargothrond, capitano imprudente, traditore del tuo sangue. Quali schiave, tua madre e tua sorella vivono nel Dor-lòmin, in miseria e angustie. Tu sei abbigliato come un principe, loro vestono di stracci. E bramano te, ma tu non te ne curi. Ben lieto può essere tuo padre di sapere che ha un simile figlio! E lo saprà!»"
- —Le parole di Glaurung a Túrin, Il Silmarillion, cap. XXI, "Túrin Turambar".
Le parole del mostro gettarono Turin nella più cupa disperazione, tanto da fargli dimenticare di Finduilas e degli altri prigionieri che vennero portati via sotto i suoi occhi senza che potesse far nulla. Una volta che i prigionieri furono lontani, Glaurung spezzò l'incantesimo e Turin si lanciò nuovamente contro di lui alché il drago gli parlò nuovamente:
- "«Se proprio vuoi che ti uccida, volentieri lo farò. Ma di scarso aiuto la tua morte sarà per Morwen e Niënor. Non hai fatto caso alle grida della donna degli Elfi. Cui anche voltare le spalle alla voce del tuo sangue?» [...] «Non si può dire che tu non sia valoroso più di chiunque altro mi sia trovato di fronte. E mentono coloro i quali affermano che noi da parte nostra non rendiamo omaggio al valore dei nemici. Ascolta! Io ti offro la libertà. Va' dai tuoi, se ce la fai. Affrettati! E se resterà Elfo o Uomo per narrare di queste giornate, di certo parleranno di te con disprezzo se disdegni il dono che ti faccio!»"
- —Galurung convince Turin a dirigersi nel Dor-lómin, Il Silmarillion, cap. XXI, "Túrin Turambar".
Disgraziatamente Turin si face convincere dalle false parole di Glaurung e, dimentico di Finduilas, si diresse nel Dor-lómin alla ricerca della madre e della sorella, ignaro del fatto che in realtà si trovavano al sicuro nel Doriath.
Conseguenze[]
Il Nargothrond fu, dopo lo Hithlum e la Marca di Maedhros, il terzo dei grandi regni dei Noldor a cadere sotto l'avanzata degli eserciti di Angband. Ciò fu un colpo durissimo per le speranze di riscossa di chi ancora si opponeva a Morgoth: rimanevano infatti solamente Gondolin e il Doriath a contrastare il potere dell'Oscuro Signore sul Beleriand, ma la caduta di un potente alleato come il Nargothrond li pose in una condizione molto difficile.
Le poche centinaia di superstiti del Nargothrond si divisero: alcuni riuscirono a raggiungere il Doriath, altri invece ripararono presso le Bocche del Sirion e da lì nell'Isola di Balar dove si posero agli ordini di Gil-galad, figlio di Orodreth, che all'epoca si trovava presso la corte di Círdan il Carpentiere.