- "Galdor e Hareth ebbero due figli, Hurin e Huor. Il primo era di tre anni maggiore del secondo, ma era di statura più bassa di altri uomini della sua stirpe; sotto questo profilo aveva preso da sua madre, ma per tutto il resto era simile a Hado suo nonno, robusto di corporatura e focoso di temperamento. Ma la fiamma in lui ardeva di continuo, e tenacissima era la sua volontà."
- —I Figli di Húrin, cap. I, "L'infanzia di Turin".
Húrin Thalion, conosciuto anche come Húrin "Il Costante", era un uomo della Casa di Hador che visse nel Beleriand durante la Prima Era. Egli era il figlio più vecchio di Galdor e Hareth e fratello di Húor, padre di Tuor.
Sposò in gioventù Morwen Eledhwen della Casa di Bëor dalla quale ebbe tre figli: Túrin, Urwen e Niënor. Fu vassallo di Fingon, figlio di Fingolfin, e Signore del Dor-lómin come suo padre e suo nonno prima di lui.
Fu catturato durante la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime e fu tenuto per vent'anni prigioniero sulla cima del Thangorodrim, condannato dal Morgoth a contemplare la rovina della sua gente e dei suoi figli. Liberato girovagò a lungo per il Beleriand, per poi morire suicida nel 502 PE.
Nomi e Etimologia[]
Il nome Hurin è di origine Sindarin e significa letteralmente "Spirito Possente", mentre Thalion, anch'esso di origine Sindarin, significa "Il Costante".
A causa delle disgrazie che si abbatterono sulla sua famiglia divenne noto con il nome di Amarth che in Sindarin significa "Maledetto dalla Sorte" e lo stesso nome sarà poi dato anche al figlio Túrin.
Biografia[]
Giovinezza e primi anni[]
Húrin nacque nel 441 PE nel Dor-lómin da Galdor, figlio di Hador Lórindol, e da Hareth, figlia di Halmir della Casa di Haleth. Nel 444 PE nacque suo fratello minore Huor, con il quale fu sempre profondamente legato. Il giovane Húrin, benché non fosse molto alto per gli standard della Casa di Hador, crebbe in forza e carattere, guadagnandosi i soprannomi di Hurin il Forte e Hurin il Costante.
Due anni dopo la fine della Dagor Bragollach, Húrin e suo fratello Huor, dimoravano con gli Haladin (la seconda stirpe di uomini ad entrare nel Beleriand; successivamente chiamati Uomini del Brethil) e qui vennero allevati da loro zio Haldir.
Il soggiorno a Gondolin e il ritorno a casa[]
Sebbene Gli Uomini e gli Elfi fossero stati respinti, non per questo i combattimenti cessarono. Gli Orchi di Morgoth continuarono a compiere incursioni contro i regni ancora liberi e un giorno un battaglione di questi giunse fino nel Brethil. Nonostante Húrin e Huor non avessero nemmeno quindici anni, essi accompagnarono lo zio e gli altri Haladin in battaglia e dimostrarono il proprio valore uccidendo molti nemici.
Tuttavia nel corso degli scontri Hurin e suo fratello si ritrovarono isolati dall'esercito degli Uomini e furono accerchiati da una schiera di orchi nei pressi del Sirion. Probabilmente sarebbero stati catturati o uccisi se Ulmo, il cui potere era ancora forte nelle acque del fiume,non avesse evocato una nebbia che li nascose alla vista degli orchi; il Vala poi inviò alcune aquile di Thorondor affinché li portassero a Gondolin da Turgon.
Qui furono ben accolti dal Re Elfico che li trattò con riguardo e li ospitò per oltre un anno nella sua città, che da secoli non veniva visitata da stranieri. Nonostante fossero trattati bene, i due fratelli ad un certo punto chiesero al Re di poter tornare dalla loro gente giurando di non rivelare mai a nessuno dove fossero stati, né dove fosse Gondolin.
- "E Húrin disse a Turgon: «Signore, noi non siamo che Uomini mortali, diversi dagli Eldar. Questi possono attendere per lunghi anni lo scontro con i loro nemici, anche se l'ora debba suonare in un tempo remotissimo; per noi invece il tempo è breve, la nostra speranza e la nostra forza ben presto svaniscono [...]»."
- —I Figli di Húrin, cap. I, "L'infanzia di Turin".
All'inizio dubbioso Turgon alla fine gli concesse di ritornare presso gli Uomini, anche perché sapeva che dalla Casa di Hador gli sarebbe venuto solo del bene.
Ciò provocò l'indignazione di Maeglin, a cui sia Húrin che Huor non erano mai andati a genio, e glielo disse con parole sprezzanti dicendo che dovevano solo che ritenersi fortunati che la legge del Re non fosse più osservata come un tempo. Anche il loro ritorno destò grande meraviglia presso i loro familiari, ma quando il padre chiese loro dove fossero stati per oltre un anno Húrin e Huor rifiutarono di rispondere, e il genitore non insistette oltre anche se intuì la verità.
Qualche anno dopo Húrin sposò Morwen della Casa di Bëor dalla quale ebbe due figli: Túrin e Lalaith.
Nel 462 PE suo padre Galdor morì in battaglia e toccò a lui succedergli al comando della Casa di Hador.
La Nirnaeth Arnoediad e il supplizio di Morgoth[]
- "Rimase, ultimo superstite, Hùrin, il quale allora gettò lo scudo, brandendo un'ascia a due mani; e cantava mentre l'arma fumava del sangue nero dei giganti che costituivano la guardia del corpo di Gothmog, finché questa tutta si dissolse, e ogniqualvolta menava un colpo Hùrin gridava: "Aure Entuluva! il giorno risorgerà!". Settanta volte lanciò quel grido; ma lo presero vivo per ordine di Morgoth che pensava così di fargli più male che se lo avesse fatto uccidere."
- —I Figli di Húrin, cap. II, "La Battaglia delle Innumerevoli Lacrime".
Nel 472 PE Húrin e Huor parteciparono all'Alleanza di Maedhros contro Angband insieme ai Figli di Fëanor, ai Nani di Belegost e alle schiere di Fingon, fratello di Turgon, che giunse inaspettato a dar man forte alla battaglia. Lo scontro stava volgendo a loro favore ma con il tradimento degli uomini orientali terminò con la vittoria di Melkor; Fingon venne ucciso da Gothmog, signore dei Balrog, mentre Turgon riuscì a salvarsi grazie ai resti della Casa di Hador che ancora resisteva.
Húrin e Huor (prima di essere ucciso) esortarono Turgon ad andarsene e, raccogliendo le ultime forze della Casa di Hador, diedero vita ad una eroica resistenza che permise al re di tornare a Gondolin; durante lo scontro Huor cadde, colpito all'occhio destro da una freccia avvelenata, mentre Húrin, unico superstite, solo con la propria ascia uccise più di settanta nemici al grido di “Aurë entuluva/il giorno risorgerà!” ma poi venne catturato e portato ad Angband.
Fu dunque portato al cospetto di Morgoth, poiché egli sapeva, grazie alle sue arti e alle sue spie, che Húrin godeva dell'amicizia di Turgon di Gondolin. Per estorcergli la posizione del regno nascosto Morgoth cercò di intimidirlo con lo sguardo; vedendo che ciò non aveva effetto l'Oscuro signore cercò di alettarlo proponendogli di scegliere tra l'andarsene libero oppure divenire capitano delle sue armate, a patto che egli gli rivelasse la posizione di Gondolin. Tuttavia Húrin si fece beffe di lui:
- "«Cieco sei, Morgoth Bauglir, e cieco sarai sempre, poiché vedi solo il buio. Ignori ciò che governa il cuore degli Uomini, e se lo sapessi non potersi dirlo. Ma stolto è colui che accetta quel che Morgoth offre. Perché ti prenderesti il premio per poi ritirare la promessa; e io avrei solo morte se ti dicessi quel che mi chiedi». Rise allora Morgoth e disse: «Ti capiterà di desiderare la morte da me quale una grazia»."
- —Húrin a Morgoth, I Figli di Húrin, cap. III, "Le parole di Húrin e Morgoth".
Allora portò Húrin sull'Haudh-en-Nirnaeth, che era stato appena eretto e vi stagnava un odore di morte; e Morgoth mise Húrin in cima al tumulo e gli ordinò di di volgere lo sguardo a ovest, verso lo Hithlum, e di pensare a sua moglie, a suo figlio e agli altri del suo sangue:
- "«Ma non arriverai da Turgon tramite loro. Essi infatti ne ignorano i segreti». Allora Morgoth montò in collera e disse: «Ma posso mettere le mani su di te e sulla tua maledetta casa e sarai spezzato per mio volere, fossi anche tu di acciaio!»."
- —Morgoth minaccia Húrin, I Figli di Húrin, cap. III, "Le parole di Húrin e Morgoth".
Morgoth riportò Húrin a Angband e lo mise su un seggio di pietra in un luogo elevato delle Thangorodrim in modo che potesse scorgere l'Hithlum e le terre del Beleriand meridionale. Qui Morgoth lo maledì in modo che non potesse né allontanarsi né morire finché lo stesso Oscuro Signore non lo avesse liberato, rendendolo in grado di vedere e sentire con i propri occhi e le proprie orecchie così che Húrin potesse percepire impotente il dolore e la disperazione che Morgoth avrebbe riversato sulla sua famiglia.
La liberazione e la morte[]
Dopo ventotto anni di prigionia durante i quali Melkor cercò di avvelenargli la mente, Húrin venne lasciato libero, nella speranza che il suo primo desiderio fosse quello di tornare da Turgon a Gondolin. L'eroe in effetti, dopo un lungo peregrinare, arrivò ai confini del regno di Turgon e lo chiamò ad alta voce, ma non venne fatto entrare poiché il Re Elfico dubitava che potesse essere veramente Húrin e si trattasse in realtà di un trucco del nemico; così Húrin si mise ad urlare disperato, ignaro di essere seguito dai servi di Melkor i quali, pur non essendo riusciti a scoprire l’esatta collocazione di Gondolin, poterono riferire al proprio padrone l'area dove concentrare le ricerche.
Fallito il tentativo di ricongiungersi con Turgon, Húrin vagò a lungo nel Beleriand, girovagando senza meta, finché non giunse nel Brethil dove suo figlio Túrin Turambar era sepolto e qui vi trovò sua moglie Morwen, con la quale ebbe un toccante incontro.
- "Ai piedi della lapide stava una donna inginocchiata; e come Húrin le si fermò accanto in silenzio, gettò indietro il cappuccio sdrucito e volse il viso all'insù. Era grigia e vecchia, ma quando i loro occhi si incontrarono, egli la riconobbe; per quanto infatti quelli di lei fossero smarriti e impauriti, vi ardeva ancora la luce che tanto tempo prima le aveva meritato il nome di Eledhwen, la più fiera e la più bella delle donne mortali degli Antichi Giorni. «Sei giunto, finalmente» gli disse. « È da molto che ti aspetto. » «È stata una dura strada. Ho fatto del mio meglio» fu la risposta di lui. « Ma arrivi troppo tardi » disse Morwen. « Loro sono morti. » «Lo so» replicò lui. «Tu invece no.» Ma Morwen: «Quasi anch'io. Non ho più forze. Me ne andrò al tramonto. Ormai, poco tempo ci resta, e se sai, dimmelo! Come ha fatto lei a trovarlo?». Húrin però non rispose, e stettero accanto alla pietra, senza più parlare. E quando il sole scomparve, Morwen fece udire un sospiro, gli serrò la mano e rimase immobile; e Húrin seppe che era morta. La contemplò nel crepuscolo, e gli parve che le rughe di dolore e pena crudele fossero state cancellate dal suo volto. « No, non è stata vinta » si disse; e, chiusile gli occhi, le sedette accanto immobile, mentre la notte scendeva."
- —Il Silmarillion, cap. XXII, "La Rovina del Doriath".
La mattina successiva seppellì la moglie e poi riprese il suo viaggio, giungendo alle rovine di Nargothrond dove incontrò Mîm il nano, traditore di suo figlio Túrin; dopo essersi fatto riconoscere il nano terrorizzato implorò pietà, ma Húrin non gliela concesse ben sapendo che il nanerottolo era uno dei massimi artefici della rovina di suo figlio e lo uccise lì sulla soglia.
- "Va qui detto che, dopo la partenza di Glaurung, Mîm il Nanerottolo era riuscito a raggiungere Nargothrond, insinuandosi nelle aule in rovina; e ne aveva preso possesso [...]. Ecco però che uno era venuto e stava sulla soglia; e Mîm gli andò incontro e gli domandò quali erano i suoi propositi. Replicò tuttavia Húrin: «Chi sei tu che vorresti impedirmi di entrare nella casa di Finrod Felagund?». Rispose il Nano: «Io sono Mîm; e prima che i superbi venissero da oltre il Mare, Nani hanno scavato le aule di Nulukkizdîn. Sono semplicemente tornato a riprendere quello che è mio, essendo io l'ultimo del mio popolo». «Vuol dire che non godrai a lungo della tua eredità,» disse Húrin «poiché io sono Húrin figlio dì Galdor, e sono tornato da Angband, e mio figlio era Túrin Turambar, che certo non hai dimenticato. [...] E non mi è certo ignoto da chi l'Elmo-di-Drago del Dor-lómin sia stato tradito» Allora Mîm, in preda al terrore, lo scongiurò di prendersi tutto ciò che voleva, ma di risparmiargli la vita. Húrin però non gli diede retta e lo ammazzò lì, di fronte alle porte di Nargothrond. Quindi vi entrò, e per qualche istante si soffermò in quel tetro luogo dove i tesori di Valinor giacevano sparsi sui pavimenti, nel buio e nello sfacelo; si dice però che, quando uscì dalle rovine di Nargothrond per tornare sotto il cielo, di tutto quel grande tesoro portasse con sé una cosa sola."
- —Il Silmarillion, cap. XXII, "La Rovina del Doriath".
Húrin raccolse dal grande tesoro rimasto nelle rovine Nauglamír, la collana dei nani, e se ne andò. Giunto vicino alle cascate del Sirion venne catturato dai Sindar che lo condussero al cospetto del suo vecchio amico Re Thingol e la regina Melian.
Húrin si rivolse con parole furibonde al re a causa delle menzogne raccontategli da Melkor sull’ospitalità concessa ai membri della sua famiglia, ma venne interrotto bruscamente da Melian che con le sue parole e il suo potere rivelò la verità su Túrin. Húrin allora si scusò e consegnò a Thingol la Nauglamír in segno di scusa e di ricordo; fatto questo se ne partì da Menegroth e non fu mai più rivisto.
- "Si dice però che Húrin non intendesse più vivere, privo ormai com’era di scopi e desideri, e che finì per gettarsi nel mare occidentale; e così scomparve il più possente guerriero degli Uomini mortali."
- —Il Silmarillion, cap. XXII, "La Rovina del Doriath".