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I Fedeli, noti anche col nome di Elendili o Amici degli Elfi, furono una fazione di Dúnedain di Númenor che, contrariamente a quanto predicato dagli Uomini del Re, decisero di rimanere fedeli agli insegnamenti dei Valar e preservare la cultura elfica nell'Ovesturia. Nella seconda metà della Seconda Era gli Elendili divennero una minoranza tra i Dúnedain di Númenor e gli ultimi Re li perseguitarono sottoponendoli a dure restrizioni e discriminazioni.

Inizialmente vivevano nella regione occidentale di Númenor sotto la protezione dei Principi di Andúnië, ma il 23° Re di Númenor Ar-Gimilzôr, temendo che tramassero contro di lui, ordinò che si trasferissero tutti a Rómenna per meglio controllarli. Dopo la parentesi di Tar-Palantir, che tentò di restaurare l'antica devozione a Eru e l'amicizia con gli Elfi, sotto il regno dell'ultimo Re Ar-Pharazôn vissero il loro periodo più duro, venendo duramente perseguitati e, su istigazione di Sauron, anche soggetti a sacrifici umani in onore di Morgoth nel Tempio a lui dedicato.

Furono gli unici a salvarsi durante l'Akallabêth e, guidati da Elendil e dai suoi figli, giunsero nella Terra di Mezzo dove fondarono i regni di Arnor e Gondor.

Nomi ed etimologia[]

A Númenor i Fedeli chiamavano sé stessi col nome Quenya di Elendili, mentre in Adûnaico essi erano conosciuti col nome di Nimruzîrim. Entrambi i nomi significano "Amici degli Elfi" ma l'ultimo era utilizzato in modo spregiativo dagli Uomini del Re. Gli Uomini del Re li chiamavano in Adûnaico spregiativamente Nímirbêni ossia "Servi degli Elfi" o Avalôbêni "Servi dei Valar".

Descrizione[]

I membri di questa fazione appartenevano tutti alla stirpe dei Dúnedain ma, pur serbandosi fedeli ai Re di Númenor e non progettando mai rivolte aperte, riconoscevano come propri capi i Signori di Andúnië discendenti da Silmariën e dunque anch'essi appartenenti alla Casa di Elros.

Essi rifiutavano le dottrine degli Uomini del Re, e alla fine rimasero gli unici Numenoreani a serbarsi fedeli al culto di Eru e dei Valar, oltre a mantenere la propria amicizia con gli Elfi e a coltivare le lingue Sindarin e Quenya una volta che queste vennero bandite in favore dell'Adûnaico.

Altra importante caratteristica dei Fedeli era che essi, grazie al fatto di aver rifiutato di abbandonare il culto di Eru e dei Valar, serbarono molti dei doni che invece gli altri Numenoreani cominciarono lentamente a perdere: infatti essi si mantennero più saggi rispetto ai propri consanguinei, invecchiavano più lentamente serbando intatto il proprio vigore fisico e mentale fino in età avanzata e, almeno per quanto la stirpe dei Signori di Andúnië, conservarono una durata della vita maggiore persino rispetto ai Re di Númenor.

Storia[]

I Signori di Andúnië e l'ascesa degli Uomini del Re[]

I Signori di Andúnië discendevano dalla Casa di Elros attraverso il matrimonio tra Silmariën, figlia maggiore del Re di Númenor Tar-Elendil, e il suo lontano cugino Elatan di Andúnië, i cui discendenti vennero investiti dal Re della signoria di un Principato creato ex-novo appositamente per la figlia. Oltre ad essere depositari di molti antichi tesori della Casa di Elros (come l'Anello di Barahir, la spada Narsil e l'Elendilmir), sia i Signori di questa Casata che i loro sudditi erano maggiormente soggetti all'influenza degli Elfi e dei Valar, poiché la loro capitale Andúnië rappresentava il porto più occidentale dell'isola di Númenor e spesso i Primogeniti che vivevano ad Avallónë, la grande città elfica sull'isola di Tol Eressëa, si recavano in visita nella città portando messaggi delle Potenze e doni da Valinor come piante e oggetti magici.

Col passare degli anni tuttavia, tra i Dúnedain cominciò a diffondersi la paura della morte e l'invidia per l'immortalità degli Elfi, oltre che insofferenza per il Divieto dei Valar, che impediva agli Uomini dell'Ovesturia di fare vela verso il reame beato di Valinor; alla fine l'invidia divenne sempre più forte, tanto che molti Dúnedain cominciarono a parlare apertamente contro le Potenze e gli Elfi, accusando le prime di considerare gli Uomini come esseri di seconda classe negandogli l'immortalità, e i secondi come dei privilegiati che non avevano perso tale dono neppure dopo la loro aperta ribellione alle potenze. Tali idee destarono preoccupazione nei Valar, soprattutto quando anche i Sovrani di Númenor cominciarono a prestarvi orecchio, tanto che durante il regno di Tar-Atanamir Manwë inviò dei messaggeri per convincere i Dúnedain a non proseguire su questa strada pericolosa.

"E [Manwë,ndr] inviò messaggeri ai Dúnedain, che parlarono con tono grave al Re e a quanti li vollero ascoltare circa il destino e l'essere del mondo. « La Sorte del Mondo » dissero « può essere cambiata da Uno soltanto, colui che l'ha decretata. E se voi faceste viaggio siffatto e [...] giungeste davvero in Aman, il Reame Beato, punto o poco profitto ne ricavereste. Non è infatti la terra di Manwë a renderne le genti immortali, ma sono gli Immortali che vi dimorano ad aver santificato la terra; e in essa voialtri decadreste e vi sfinireste ancor prima, quali farfalle a una luce troppo forte e cruda. » Replicò tuttavia il Re: «Forse che Eärendil, mio progenitore, non vive? Forse che egli non è nella terra di Aman? ». Al che risposero quelli: «Ben sapete che ha un destino a sé stante e che è stato aggiudicato ai Primogeniti che non muoiono; ma vuole anche, la sua sorte, che mai ritorni a contrade mortali. Laddove voi e la vostra gente non appartenete ai Primogeniti, ma siete Uomini mortali, quali Ilùvatar vi ha fatto. Sembra tuttavia che ora desideriate godere del bene di entrambe le stirpi, facendo vela per Valinor quando vi aggrada e tornando a piacimento alle vostre case. Così non può essere. Né i Valar possono togliere i doni di Ilùvatar. Gli Eldar, voi sostenete, restano impuniti, e persino quelli che si sono ribellati non muoiono. Ma non è questa, nel loro caso, né ricompensa né punizione, bensì l'attuazione del loro essere. Non possono sfuggire, sono legati a questo mondo per mai lasciarlo finché esso duri, essendo che la sua vita è la loro. E, voi dite, voialtri invece siete puniti per la ribellione di Uomini in cui avete avuto scarsa parte, ed è per questo che morite. Ma la morte all'inizio non è stata concepita come una punizione. Morendo, voi sfuggite al mondo che lasciate, non gli siete legati nella speranza o nell'ambascia. Chi di noi dunque dovrebbe invidiare gli altri? ». Ma replicarono i Nùmenóreani: «Perché dunque non dovremmo invidiare i Valar, e finanche l'ultimo degli Immortali? Che da parte nostra si richiede una cieca fede, una speranza senza garanzie, senza che noi si sappia ciò che ci attende dopo un breve lasso di tempo [...]'"
Il Silmarillion, Akallabêth, La Caduta di Númenor.

Le parole dei Valar tuttavia non vennero accettate e anzi, contribuirono ad esacerbare ancora di più gli animi dei Dúnedain più riottosi, portando alla nascita di una vera e propria fazione, nota come Uomini del Re, alla quale aderirono addirittura molti membri della stessa Casa di Elros, tanto che dal regno di Ar-Adûnakhôr si ebbe un totale rifiuto della cultura elfica e l'adozione ufficiale delle dottrine degli Uomini del Re come principale politica di Númenor.

La fazione dei Fedeli nacque in contrapposizione alle dottrine degli Uomini del Re praticamente subito, ma fin dall'inizio si trovò in minoranza e limitata alla popolazione del Principato di Andúnië, in virtù della già citata antica amicizia con i Primogeniti. Capi naturali di questa fazione furono ovviamente i Principi di Andúnië, i quali pur osteggiando apertamente le dottrine degli Uomini del Re, reputandole pericolose per il destino di Númenor, non intrapresero mai azioni ostili né ordirono complotti contro i Re di Númenor, ai quali continuarono a serbare la propria fedeltà in virtù della comune parentela, limitandosi semplicemente a preservare la cultura elfica nell'Ovesturia e a proteggere con la propria influenza gli Elendili dalle discriminazioni e persecuzioni degli Uomini del Re.

Il declino di Númenor e l'Akallabeth[]

Tar-Palantír Meneltarma

Tar-Palantir, ultimo sovrano di Númenor appartenente alla fazione dei Fedeli, il quale tentò di porre rimedio alle politiche dissennate dei suoi predecessori

Più gli anni passavano più gli Uomini del Re acquistavano potere e seguito a Númenor, e con ciò le discriminazioni contro gli Elendili diventarono sempre più pesanti: solo per il fatto di continuare a parlare le Lingue Elfiche essi venivano visti con sospetto dagli altri Dúnedain ed emarginati. Con il tempo molti tra gli Elendili preferirono abbandonare Númenor per trasferirsi nelle colonie numenoreane della Terra di Mezzo, soprattutto nelle città di Tharbad e Pelargir, con quest'ultima che divenne la principale roccaforte dei Fedeli nella Terra di Mezzo, in contrapposizione a Umbar che invece divenne uno dei maggiori centri degli Uomini del Re ad est del Grande Mare. Le cose peggiorarono ulteriormente nel 3102 SE, con l'ascesa al trono di Ar-Gimilzôr: il sovrano infatti bandì ufficialmente le lingue elfiche a Númenor, dichiarando l'Adûnaico la sola lingua ufficiale, e in più ordinò che tutti i Fedeli rimasti sull'isola lasciassero le terre di Andúnië (le quali, essendo quelle più ad ovest di Númenor potevano essere facilmente raggiunte da eventuali navi degli Elfi) e si trasferissero nella città di Rómenna, dove furono tenuti sotto stretta sorveglianza per impedire che avessero contatti con gli Elfi o facessero proselitismo di cultura elfica.

Le cose sembrarono migliorare un minimo con la morte di Ar-Gimilzôr nel 3177 SE e l'ascesa al trono di suo figlio Inziladûn: costui, a differenza del padre e del fratello, era stato cresciuto dalla madre Inzilbêth secondo le dottrine dei Fedeli ed aveva sviluppato un carattere in totale antitesi rispetto a quello dei suoi predecessori. Anziché un nome in Adûnaico addottó il nome Quenya di Tar-Palantir, tornò ad osservare i riti delle Tre Preghiere in onore di Eru Ilúvatar, ed abrogò molte delle restrizioni che gravavano sui Fedeli, cercando di abrogare tutte le politiche degli Uomini del Re che nel corso dei secoli erano state implementate dai suoi antenati. Tuttavia non riuscì a invertire la spirale di decadenza nella quale si era infilata l'Ovesturia e le sue politiche risultarono estremamente impopolare alla maggior parte dei Dúnedain, i quali avevano ormai interiorizzato le dottrine degli Uomini del Re.

Ar-Pharazôn by Liz Danforth

Ar-Pharazôn, ultimo Re di Númenor e artefice della Caduta dell'Ovesturia, Liz Danforth.

Alla morte di Tar-Palantir nel 3255 SE gli sarebbe dovuta succedere sul trono la figlia Míriel, da lui educata secondo gli insegnamenti dei Fedeli, ma suo nipote Pharazôn (figlio di suo fratello Gimilkhâd ed educato secondo le dottrine degli Uomini del Re) costrinse la neo Regina a sposarlo ed usurpò il trono di Númenor, segnando un ritorno a quelle che erano state le politiche di suo nonno Ar-Gimilzôr. Tuttavia, almeno nei suoi primi anni di regno, Ar-Pharazôn non fu troppo duro con i Fedeli, che comunque continuarono ad essere discriminati, anche in virtù della sua amicizia con il suo lontano cugino Amandil, Signore di Andúnië e capo della fazione degli Elendili, verso il quale provava un profondo affetto fin dall'infanzia. Le cose cambiarono a seguito della sua Spedizione contro Sauron nel 3261 SE: il Re infatti, vedendo sfidato il potere di Númenor nella Terra di Mezzo, condusse una grande spedizione militare contro l'Oscuro Signore, che si concluse con la sconfitta delle armate di Mordor e con la cattura dello stesso Sauron, il quale venne tradotto come prigioniero a Númenor.

Con il tempo Sauron, che venne denominato Zigûr dagli Uomini del Re, riuscì a guadagnarsi la fiducia di Ar-Pharazôn tanto da essere liberato dal suo stato di prigioniero e addirittura nominato Primo Consigliere del Re. Giocando abilmente con la paura della morte che attanagliava i Dúnedain, l'Oscuro Signore riuscì ad allontanarli ancora di più dai Valar, arrivando addirittura a istituire un vero e proprio culto in onore di Morgoth, il quale prevedeva sacrifici umani di cui a farne le spese erano principalmente gli Elendili e gli Uomini Mediani catturati dai servitori di Ar-Pharazôn nella Terra di Mezzo.

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