- "Al che Tuor gridò: « Guarda, Idril, sono io, e vivo; e ora porterò via di là tuo padre, fossero pure gli Inferni di Morgoth! » Con ciò si accinse a discendere da solo la collina, reso folle dal dolore della sposa; lei però, tornando in sé, con uno scroscio di lacrime si strinse alle sue ginocchia ripetendo: « Signore mio, signore! » e lo trattenne. Ma mentre parlavano un grande strepito e urla si levarono da quel luogo d'angoscia. Ebbene, la torre fu avvolta dalle fiamme e cadde in un'ondata di fuoco, poiché i draghi ne avevano sbriciolato la base insieme con tutti coloro che si trovavano laggiù. Enorme fu il fragore del tremendo crollo: a questo modo morì Turgon Re dei Gondolindrim, e per quell'ora la vittoria fu di Morgoth."
- —Racconti Perduti, parte III, "La Caduta di Gondolin".
La Caduta di Gondolin, conosciuta anche come Assedio di Gondolin, fu una sanguinosa battaglia combattuta nel 510 PE che causò la rovina del Regno Nascosto di Gondolin e la morte di molti insigni Noldor tra cui lo stesso Re Turgon. Per colpa del tradimento di Maeglin, nipote del Re, Morgoth riuscì a scoprire la posizione di Gondolin ed inviò le sue armate, al comando del suo capitano Gothmog, per distruggere l'ultimo regno dei Noldor nel nord del Beleriand.
La battaglia fu dura e gravi furono le perdite da entrambe le parti, ma alla fine i servi di Angband conquistarono la città e la bruciarono dalle fondamenta; solo un pugno di superstiti, guidato da Tuor e da Idril, riuscì ad abbandonare incolume la Valle di Tumladen e a raggiungere le Bocche del Sirion, dove vennero accolti dagli scampati alla Caduta del Doriath.
Antefatti[]
Il Vala Ulmo aveva da tempo previsto che Gondolin prima o poi sarebbe caduta, per questo motivo inviò l'eroe Tuor da Turgon affinché il Re elfico fosse convinto ad abbandonare la città, ormai accerchiata dai domini di Morgoth, e a ritirarsi nel sud del Beleriand. Tuttavia Turgon, sebbene avesse ben accolto il figlio del suo vecchio amico Huor, confidando nella segretezza di Gondolin e nella solidità delle sue mura rifiutò l'invito del Valar.
Dopo l'arrivo di Tuor a Gondolin e il suo matrimonio con Idril, la figlia di Turgon, le cose cominciarono a cambiare. Maeglin, da sempre innamorato della cugina, cominciò ad assumere comportamenti scostanti e a complottare contro Tuor, abbandonandosi completamente nel suo lavoro di fabbro e uscendo sempre più spesso dalla Valle di Tumladen per cercare nuovi giacimenti di minerali.
Durante una di queste sue uscite Maeglin fu catturato da una pattuglia di Orchi, una delle tante impegnate nella ricerca di Gondolin, e portato prigioniero ad Angband. Quando Morgoth lo riconobbe come nipote di Turgon volle condurre personalmente l'interrogatorio; l'Oscuro signore riuscì a leggere l'oscurità nel cuore dell'elfo e gli propose un accordo: se avesse condotto le sue armate alla città nascosta, egli gli avrebbe concesso la signoria su Gondolin e il cuore di Idril.
- "Trascinarono con sé Maeglin, il quale ora si sentiva spaventatissimo. Ma quando s'inchinò dinanzi al nero trono di Morgoth, terrorizzato dalle sagome sinistre che lo circondavano, dai lupi seduti sotto quel seggio e dalle vipere che si attorcigliavano alle sue gambe, Morgoth gli ordinò di parlare. Maeglin non era né un debole né un pusillanime, ma i tormenti onde fu minacciato ne piegarono lo spirito. Egli allora riferì le notizie e Morgoth, udendo, gli si rivolse con molta gentilezza, cosicché gran parte dell'insolenza gli tornò nel cuore. La conclusione fu che Morgoth, aiutato dall'astuzia di Maeglin, escogitò un piano per abbattere Gondolin. La ricompensa di Maeglin in cambio di questo doveva essere la signoria di Gondolin quale suo vassallo, tuttavia Morgoth nel cuore non pensava affatto a soddisfare la promessa; Morgoth inoltre avrebbe dovuto consegnare alle fiamme Tuor ed Eärendil, mentre Idril sarebbe stata affidata all'abbraccio di Maeglin, e quel malvagio era ansioso di mantenere simili impegni. Il desiderio per Idril Celebrindal e l’odio per Tuor resero più facile a Maeglin il tradimento, il più infame di cui si abbia traccia nelle cronistorie degli Antichi Giorni."
- —Racconti Perduti, parte III, "La Caduta di Gondolin".
Alla fine Maeglin, spaventato dalla minaccia delle torture e spinto dalla bramosia, cedette alle lusinghe di Morgoth e gli rivelò una via alternativa per raggiungere la città, per poi ritornare a Gondolin senza fare parola della propria prigionia ad Angband e ciò rese il suo tradimento ancora più odioso, visto che da quel giorno passarono almeno tre anni.
Forze in campo[]
Gondolindrim[]
Per approfondire, vedi la voce Esercito di Gondolin. |
Quando le forze di Morgoth dilagarono nella valle nascosta, Turgon fu praticamente colto di sorpresa e dovette adunare in pochissimo tempo tutti i guerrieri disponibili a Gondolin; questi appartenevano alle Casate di Gondolin, ed erano guidati dai rispettivi signori, i quali parteciparono ad un consiglio di guerra prima della battaglia, durante il quale su istigazione di Maeglin venne deciso di non affrontare le forze di Angband sul campo, come suggerito da Tuor, ma di asserragliarsi sulle mura e respingere i nemici. Non si sa con precisione su quanti guerrieri potesse contare Turgon ma, anche senza contare quelli della Casata della Talpa che segretamente stavano dalla parte di Morgoth, non è peregrino supporre che a difesa di Gondolin ci potessero essere tra i quindici e i trentamila armati.
Forze di Angband[]
Morgoth odiava profondamente Turgon, anche perché gli era stato predetto che dal Signore Elfico sarebbe venuta la sua rovina, così per muovere guerra contro la città di Gondolin. Oltre a decine di migliaia di orchi, l'Oscuro Signore integrò nella sua armata anche centinaia di troll, mannari e decine di draghi Urulóki della stirpe di Glaurung, oltre a diversi Balrog, i suoi servitori più potenti e malvagi. Poiché sapeva che le mura della città erano possenti, Morgoth dette fondo a tutta la sua conoscenza bellica, fornendo al suo esercito decine di terribili macchine d'assedio, tra catapulte e trabucchi che lanciavano proiettili infuocati, torri d'assedio e arieti d'acciaio etc.
La battaglia[]
L'assalto alle mura e la morte di Maeglin[]
Le truppe di Morgoth, guidate dal suo capitano Gothmog, attaccarono la città nel 510 PE durante la festa del Tarnin Austa, quando la maggior parte degli abitanti di Gondolin erano radunati sulle terrazze per salutare il sorgere del sole. L'apparire delle armate di Orchi e draghi nella Valle di Tumladen fu uno shock enorme per i Noldor che caddero nella disperazione, e Turgon adunò in tutta fretta un consiglio di guerra.
- "Il sole calò oltre i colli e la gente s'abbigliò per la festa con gioia e impazienza - lanciando occhiate d'attesa verso l'Est. Quando la luce fu scomparsa e tutto divenne buio, un nuovo lume s'accese all'improvviso, una sorta di bagliore, ma dietro alle vette settentrionali, e gli uomini si stupirono mentre la folla si accalcava sulle mura e sui bastioni. Lo stupore si trasformò in dubbio quando la luce crebbe e divenne ancora più rossa, e il dubbio in terrore quando la neve sui monti fu vista tingersi come di sangue. E così fu che le orde di Morgoth calarono su Gondolin: con i Balrog, gli Orchi ed i lupi vennero i serpenti igneii della schiatta di Glaurung. Quindi dalla piana giunsero cavalieri latori di trepidanti notizie da coloro che sorvegliavano le cime dei monti; descrissero gli eserciti di fuoco e le ombre simili a draghi, e dichiararono: « Morgoth è su di noi! »"
- —Racconti Perduti, parte III, "La Caduta di Gondolin".
Tuor suggerì al Re di uscire con l'intero esercito e affrontare in campo aperto le schiere del nemico, in modo da dare tempo alla popolazione di fuggire; Maeglin, tuttavia, spalleggiato dall'elfo Salgant ignaro dell'alleanza stretta con Morgoth, convinse invece il Re a rimanere asserragliato all'interno della città, fidando nella robustezza delle sue mura. Le truppe dei Noldor si disposero dunque a difesa delle mura rivelando una pioggia di frecce e pietre sui nemici, che però riuscirono a frenare solo di poco la loro avanzata.
Mentre i combattimenti infuriavano su tutti i lati delle mura, Maeglin a capo delle truppe della sua Casata si diresse vero la casa di Tuor per rapire Idril e Eärendil, ma lungo la strada venne intercettato da Tuor e dai suoi soldati che, scoperto il tradimento del Principe, dettero luogo ad una sanguinosa battaglia nella battaglia. Alla fine Tuor sconfisse Maeglin e lo gettò da una rupe, per poi dirigersi assieme alle sue truppe superstiti sulle mura in modo da guadagnare tempo e permettere alla moglie Idril di indirizzare quanti più cittadini possibili alla via di fuga segreta che essa aveva fatto costruire.
Lo scontro nella città e la morte di Rog ed Ecthelion[]
Nonostante le mura reggessero, il coraggio dei Noldor a nulla valse contro la furia dei Draghi e dei Balrog, che alla fine abbatterono il cancello principale; e Gothmog fece il suo ingresso terribile e avvolto dalle fiamme. I soldati di Rog della Casata del Martello dell'Ira opposero una strenua resistenza, riuscendo ad uccidere persino alcuni dei Balrog.
- "Rog esclamò allora con voce possente: « Chi ora avrà paura, per terribili che siano i demoni del Signore Scuro? Ecco dinanzi a noi i maledetti che hanno tormentato per anni i figli dei Noldor, e che ora con le frecce hanno appiccato il fuoco dietro di noi. Accorrete, voi del Martello d'Ira, e li ripagheremo di tutta la loro malvagità! » Al che levò la mazza dal lungo manico e, nell'impeto della collera, si aprì un passaggio fino alla porta crollata: l'intero popolo dell'Incudine Colpita, come un cuneo, lo seguì correndo, e ognuno mandava scintille dagli occhi per la furia dell'ira. Quella sortita fu un'impresa eroica, come ancora cantano i Noldor, e numerosi Orchi furono respinti nei fuochi di sotto; gli uomini di Rog balzarono persino sulle spire dei serpenti, affrontando il Balrog e colpendolo duramente, quantunque possedessero fruste di fiamma e artigli d'acciaio e fossero di statura enorme. Così lo annientarono a forza di percosse, o privandolo delle fruste, le impugnarono contro di lui, per ridurlo in pezzi come quello aveva fatto in precedenza con i Noldor; la morte di un Balrog fu oggetto di terrore e meraviglia per le schiere di Morgoth, poiché prima di quel giorno nessun Balrog era stato ucciso per mano di Elfi o Uomini."
- —Racconti Perduti, parte III, "La Caduta di Gondolin".
Nonostante il loro valore però, vennero alla fine tutti massacrati e le truppe di Morgoth dilagarono in città, trasformando la battaglia in un feroce scontro casa per casa. In questi frangenti tragici vennero comunque compiute delle eroiche imprese: Ecthelion, capo della Casata della Fontana, affrontò in duello Gothmog; dopo essere stato disarmato dal Balrog, Ecthelion si lasciò a testa bassa contro Gothmog e lo trafisse con la lunga punta dell'elmo e lo uccise gettandosi con esso nella Grande Fontana del Re, le cui acque spensero le fiamme che tenevano il mostro in vita, ma trovandovi a sua volta la morte, poiché il bacino della fontana era assai profondo ed egli greve di acciaio.
- "Tuor allora si fece incontro alla bestia, ma fu separato da Egalmoth e costretto a indietreggiare fino al centro della piazza, presso la fontana. Qui, spossato dal caldo soffocante, venne gettato a terra da un grande demone, ossia da Gothmog in persona, signore dei Balrog, pupillo di Morgoth. Ma ecco che Ecthelion, col volto pallido come il grigio acciaio e con il braccio dello scudo che ricadeva inerte sul fianco, balzò verso di lui mentre cadeva; l’ Elfo mirò al demone, senza però dargli la morte, ma ottenendo solo una ferita al braccio con cui reggeva la spada, cosicché l'arma gli cadde dalla presa. Allora Ecthelion signore della Fonte, il più bello dei Noldor, si avventò su Gothmog proprio nell'attimo in cui levava la frusta, conficcando in quel petto maligno la punta che ornava il suo elmo e stringendo le gambe contro la coscia del nemico; il Balrog urlò e cadde in avanti, ma entrambi precipitarono nel bacino della fontana regia, che era assai profondo. Laggiù quella creatura trovò la morte; ed Ecthelion, greve di acciaio, s'inabissò con lui, e così perì il signore della Fonte, dopo una battaglia ardente nelle fresche acque."
- —Racconti Perduti, parte III, "La Caduta di Gondolin".
Così morì uno dei più grandi Elfi della Terra di Mezzo, privando per sempre Arda della sua musica.
La morte di Turgon e la caduta della città[]
Nonostante questi atti di eroismo, le truppe dei Noldor furono respinte sempre più indietro fino alla Torre del Re, dove Turgon organizzò l'ultima resistenza. Sebbene il genero Tuor e la figlia Idril lo avessero implorato di abbandonare la città ormai condannata, Turgon, disperato per la distruzione della sua città, rifiutò risolutamente di abbandonare Gondolin.
- "Allora il re esclamò: « Grande è la caduta di Gondolin! », e gli uomini rabbrividirono, poiché quelle erano le parole di Amnon, il profeta antico; ma Tuor, con voce resa selvaggia dal dolore e dall'affetto per il sovrano, gridò: « Gondolin resiste ancora, e Ulmo non la lascerà perire! » Turgon rispose però: « Ho trascinato la sciagura sul Fiore della Piana a dispetto di Ulmo, e ora egli lo lascia avvizzire nel fuoco. Ebbene! Nel cuore non ho più speranza per la mia città d'incanto, ma i figli dei Noldor non soccomberanno per sempre. » Al che i Gondolindrim fecero risuonare le armi, poiché molti erano lì accanto, ma Turgon continuò: « Non combattete contro il destino, o figli! Chi può cerchi salvezza con la fuga, se mai ne resta il tempo: ma siate fedeli a Tuor. » Tuor ribatté allora: « Tu sei il sovrano »; ma Turgon rispose: « Pure io non infliggerò più nessun colpo », e gettò la corona alle radici di Glingal. Galdor, che era nei pressi, la raccolse, tuttavia Turgon non la accettò, e con il capo scoperto salì sul pinnacolo più alto della candida torre presso il palazzo. Qui gridò con voce simile a corno fatto risuonare fra i monti, e tutti coloro che erano raccolti sotto gli Alberi e i nemici nelle nebbie della piazza lo udirono: « Grande è la vittoria dei Noldor! » Si narra che fosse allora mezzanotte, e che gli Orchi lanciassero urla di scherno."
- —Racconti Perduti, parte III, "La Caduta di Gondolin".
Dopo essersi tolto la corona e averla gettata a terra, nominò Tuor capo dei Gondolindrim affermando che chi lo avesse voluto, avrebbe potuto seguirlo attraverso la via di fuga segreta preparata da Idril.
Dopodiché, assieme a ciò che restava del suo esercito, affrontò l'esercito nemico e gridò all'indirizzo degli Orchi che lo deridevano: "Grande è la vittoria dei Noldor!", per poi lanciarsi nella mischia e uccidere molti nemici. Alla fine però i draghi abbatterono la Torre del Re e il Sovrano di Gondolin trovò la morte nel crollo del suo palazzo, portando con sé molti nemici.
La fuga dei superstiti e la morte di Glorfindel[]
Tuor cercò dunque di condurre in salvo i superstiti della città e, attraversato il passaggio di Idril, si avventurò con essi tra le montagne cercando di dirigersi a sud. Morgoth tuttavia non ignorava l'esistenza del passaggio, pur non conoscendone l'ubicazione, perciò inviò diverse pattuglie per cercare e uccidere i superstiti. Ad imbattersi nella colonna dei rifugiati sul Cirith Thoronath fu una numerosa truppa di orchi guidata da un Balrog, il quale avrebbe certamente compiuto una strage se Glorfindel, signore della Casata del Fiore Dorato, non fosse intervenuto affrontandolo e uccidendolo a costo della sua stessa vita.
- "Già la metà aveva superato la pericolosa via e superato le cascate di Thorn Sir, quando il Balrog che era tra i nemici della retroguardia spiccò un potentissimo balzo su certe alte rocce lungo il fianco sinistro del sentiero, sull'orlo del precipizio, e da qui, in uno slancio furioso, superò gli uomini di Glorfindel e si ritrovò fra le donne e i malati che li precedevano facendo schioccare la sua frusta fiammeggiante. Allora Glorfindel si scagliò in avanti su di lui e la sua armatura d'oro luccicò in modo strano sotto la luna; colpì il demone, che di nuovo balzò verso un grande masso, e Glorfindel lo seguì. Si svolse allora un combattimento mortale sull'alto macigno, sopra i fuggitivi (...) L'ardore di Glorfindel spinse il Balrog da un punto all'altro, mentre l'armatura di maglia lo difendeva dalla frusta e dagli artigli. Lo colpì pesantemente e gli recise fino al gomito il braccio che reggeva lo scudiscio. Allora il Balrog, nel tormento del dolore e della paura, si buttò su Glorfindel, che dardeggiava la spada come una serpe; ma raggiunse solo una spalla e venne afferrato, e i due oscillarono fin quasi a cadere dalla cima della rupe. Al che Glorfindel cercò il pugnale e colpì, trapassando il ventre del Balrog all'altezza del proprio viso (la statura del demone era infatti più del doppio della sua); quello gridò e cadde all'indietro dalla roccia, ma nel frattempo afferrò da sotto il copricapo i riccioli biondi di Glorfindel e i due precipitarono nell'abisso"
- —Il duello tra Fingolfin e il Balrog, La Caduta di Gondolin
Un altro aiuto concreto giunse dalle Aquile di Thorondor che, avvisatesi della distruzione nella valle, calarono dall'alto attaccando gli Orchi e i Troll che inseguivano i superstiti di Gondolin, scaraventandoli giù dai sentieri montani aprendo in tal modo la strada alla fuga della schiera di Tuor e proteggendoli dagli inseguitori.
Conseguenze[]
Con la caduta dell'ultimo regno dei Noldor nel nord del Beleriand, Morgoth poté dirsi vincitore e padrone di quasi tutto il Beleriand: con l'occupazione dell'Hithlum, la Caduta del Falas, la caduta del Doriath, causata dalla morte di Thingol e dal Secondo Fratricidio, il Sacco del Nargothrond e la fuga dei Figli di Fëanor a sud, ormai nel nord non vi era più alcuno in grado di opporsi al suo immenso potere.
L'Oscuro Signore era talmente soddisfatto dei risultati raggiunti da accettare addirittura la perdita del Silmaril sottrattogli da Beren; arrivò persino ad ignorare il piccolo regno delle Bocche del Sirion e gli altri superstiti dei Noldor e dei Sindarin, non considerandoli ormai più una minaccia concreta al proprio potere.